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Cosa ci mostra realmente il Coronavirus?

In questo periodo chiaramente non si parla d’altro: c’è chi invoca il complotto, chi fa spallucce, chi è nel panico, chi non ne può più di sentirne parlare e chi semplicemente è preoccupato per un virus nuovo che può essere veramente pericoloso per anziani e immunodepressi.
Ma cosa ci mostra realmente questa epidemia?

Più che colpi di tosse e mascherine sono emerse tutte le contraddizioni e le iniquità del sistema capitalista e del regime politico liberale finalizzato al suo sostentamento.
Prima fra queste la divisione sulla linea del genere del lavoro riproduttivo ed in particolare del lavoro di cura. La chiusura delle strutture scolastiche e degli asili ha infatti acuito la gravosità della cura dei figli su i soggetti che tradizionalmente erano relegati a questo compito, ovvero le donne; la chiusura delle scuole (di quelle dell’infanzia in particolare) si presenta come un attacco a quel poco di socializzazione del lavoro di cura conquistato, rigettando tutta questa parte di lavoro riproduttivo nel privato delle mura domestiche.
Ma invece proprio tutti quei/quelle ragazzin@ di tutte le età che si sono ritrovat@ in una vacanza inaspettata, lezioni online a parte, quanto se la staranno godendo? Fuori dallo stress e dai ritmi serrati di un sistema scolastico sempre più alienante e a modello di fabbrica-panopticon.

Qui emerge un’ulteriore contraddizione: nella società “delle libertà” il periodo della vita tradizionalmente deputato alla formazione dell’individualità e della responsabilità di se stessi diventa uno schema di incasellamento a maglie sempre più strette. Chissà quelle ragazze e quei ragazzi se penseranno che c’è qualcosa che non va in questa scuola, perché fa schifo e sono content@ a non andarci, ma sentiranno comunque l’esigenza di vedere i/le compagn@ e stare insieme. Questa pandemia è da prendere sul serio ed è necessario impegnarsi tutt@, non perché ci arrivano delle ordinanze dall’alto, ma per sensibilità, soprattutto verso chi può esserne più colpito, anche per questo è importante creare delle reti di socialità con delle dovute precauzioni per non lasciare sol@ nessun@.

Però, e non ci stupisce, per arginare un sistema sanitario stremato anche a causa dei continui tagli subiti e degli investimenti sui privati e ora vicino al collasso vista l’emergenza, sono state proprio la socialità e l’aggregazione ad essere state le prime vittime sacrificali.
Molto più comodo bloccare ciò che è “inutile” nella produzione piuttosto che le fabbriche. Ma invece, laddove non si è potuto fare altrimenti, cosa ci ha mostrato? Che bloccando una produzione scellerata e insensata come quella di questo sistema l’aria diventa finalmente respirabile, vedi in Cina, dove il blocco di fabbriche, raffinerie e voli a causa della quarantena ha comportato una riduzione delle emissioni di Co2 del 25%.
Questo ci pone davanti a due domande: È necessaria un’epidemia e una quarantena per bloccare, o solamente ridurre, l’iperproduttività del nostro tempo e le conseguenti emissioni di anidride carbonica? E quanto questo costerà in sfruttamento e in inquinamento intensivo per recuperare, quando c’è da far fronte alla priorità della crescita economica? Invece, continuando a parlare di aria inquinata, ma senza andare troppo lontano, le rivelazioni di Aria Pesa ci fanno notare come la qualità dell’aria a Bologna e in Emilia Romagna sia sensibilmente migliorata, in alcuni casi addirittura dimezzando la concentrazione di inquinanti, da quando è in vigore proprio l’ordinanza che chiude le scuole e che quindi riduce nettamente il traffico in zone che normalmente sarebbero ad alta intensità. Ma del resto l’inquinamento e conseguente riscaldamento globale quanto hanno a che fare con l’emergere di virus come il Covid-19? Tanto. Il nostro pianeta è abitato, come noi, da moltissimi organismi, ma se alteriamo le temperature e quindi gli equilibri, certi organismi parassitari tendono a spostarsi e a cercare nuove case in cui svilupparsi e prosperare, spesso in maniera molto aggressiva e noi per esempio siamo dei nuovi loculi in cui provare a insidiarsi. Oltre a questo, sia l’estrattivismo che lo scioglimento dei ghiacciai portano a galla numerosi organismi (fra cui virus) dormienti da centinaia o addirittura milioni di anni e di cui non sappiamo assolutamente nulla.

Tutte queste crisi non fermano la necessità di un reddito, ma in un mondo dominato dal capitale che non può permettersi di rinunciare alla sua principale arma di dominio sociale, il salario, tutti (o molti) hanno l’esigenza di lavorare.
E cosa ci sta mostrando il lavoro o lo studio svolto da casa con il nostro PC? Se osserviamo Milano e l’impazzare di hashtag come #milanononsiferma, che ci mostrano i tentativi del capitalismo di non bloccare la produzione, oppure il vantarsi della buona riuscita dell’esperimento del lavoro telematico che ha ridotto drasticamente il traffico cittadino, più che altro ci si prospettano quelle che probabilmente sono sperimentazioni, fatte durante una crisi (che essendo un’emergenza rende tutto più lecito e liscio) per prepararsi ad un’altra crisi, quella climatica, e avere pronte delle soluzioni per continuare a sfruttare a ritmi insostenibili, ma un po’ più “eco-sostenibili”.

Se in generale questa poteva essere una bella occasione per restare a casa per il lavoro scolastico, anche per quello produttivo e avere finalmente del tempo libero e magari del reddito senza sudare sangue, ci siamo sbagliati di grosso. Sono ben pochi i casi infatti in cui si riesce a stare a casa con lo stipendio garantito. Ci sono piuttosto settori in crisi, con persone che questi mesi avranno entrate vicine allo zero, come nel caso di chi ruota attorno a cultura e spettacolo o ristorazione. Domande sorgono spontanee: come si riuscirà a sostenere le spese basilari per sopravvivere se non si hanno entrate e nessuna tutela?

E invece a quella categoria di persone, considerate da potere come reiette e sottoponibili a qualunque forma di tortura, come chi sta in carcere o in qualunque centro di detenzione a modello CPR, che sorte tocca? Perché nel caso delle carceri secondini e avvocati, per esempio, ce ne sono un bel po’ che fanno avanti e indietro e potrebbero esporre a rischio contagio tutt@. Perché le condizioni igeniche, di sovraffollamento (61000 detenut@ a fronte di 50000 posti nei penitenziari italiani) e di trattamento sono terribili. Nessuno si è posto il problema delle strutture carcerarie fino a quando non si è deciso di arginare la questione sospendendo colloqui e permessi e quindi impedendo quelle poche visite che un detenuto può avere. Beh non c’è da stupirsi nel vedere le giuste reazioni che si stanno verificando nelle carceri di tutta Italia da nord a sud, in oltre 30 penitenziari: da Milano a Palermo, da Modena e Bologna a Napoli, da Vercelli a Frosinone, da Pavia a Bari e Foggia, c’è chi cerca letteralmente di rompere la gabbia ed è disposto a tutto per farlo, per chiedere libertà, per chiedere di essere trattat@ come un essere umano, scontrandosi con muri, sbarre e persone, sapendo che si andrà incontro ad una punizione esemplare, ma facendolo lo stesso perché non ce la fa si fa più. Il bilancio dei morti nelle rivolte è salito a 15.
Ed ora che tutto il territorio nazionale è in quarantena e si dovrebbe stare a casa e uscire il meno possibile per arginare i contagi, chi una casa non l’ha come dovrebbe fare?
Insomma per farla breve, questa epidemia una cosa chiara ce l’ha mostrata, ovvero quanto sia nocivo e oppressivo il sistema capitalista.

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