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Il 49.3 di Macron non ferma la lotta

Continua la mobilitazione d’opposizione sociale in Francia

Ad un anno dall’esplosione del movimento dei gilet gialli, a Parigi, come in tutta la Francia le lotte non si fermano, bensì hanno una eco che risuona ancora più forte.
Il ricorso all’articolo 49.3 della Costituzione francese, per imporre la riforma del sistema pensionistico evitando un dibattito in Parlamento, ha svelato la natura autoritaria del neoliberismo del governo Philipe, che il popolo francese ha nuovamente messo fortemente in discussione. La svolta autoritaria ha dato il via ad una stagione di lotta, in un contesto di agitazione precedente, che i movimenti francesi hanno saputo sintetizzare e concretizzare in una solidarietà sociale fortissima.

La tanto odiata riforma delle pensioni consisterebbe nel passaggio da un modello retributivo ad un sistema a punti (in Italia chiamato “contributivo”): ogni lavoratore otterrà dei punti proporzionalmente agli euro versati, da quanti appunti avrà accumulato verrà poi dedotta la pensione mensile che gli spetta. Inoltre la riforma prevede l’aumento della parte di risparmi gestibili da fondi privati, in primis BlackRock i cui maggiori investimenti sono in compagnie petrolifere. Con tale passaggio i lavoratori (in particolare quelli del settore dei trasporti) subirebbero un innalzamento dell’età minima pensionabile da 55 a 62 anni. La rabbia di lavoratori e lavoratrici si era già espressa, in tutta la sua potenza e conflittualità, in uno sciopero ad oltranza durante lo scorso mese di dicembre che aveva interessato particolarmente i settori delle ferrovie, dei trasporti e energetico pubblico.

Fra i settori del pubblico mobilitatisi c’è stato anche quello dell’università e della ricerca. Nell’ambito accademico infatti, la precarietà è una realtà consolidata per un lungo periodo ad inizio carriera; conseguenza di ciò è un’impossibilità di ottenere punti sufficienti ad andare in pensione ad un’età dignitosa. Tuttavia se fino a poco tempo fa il mondo universitario aveva solidarizzato passivamente con i lavoratori e le lavoratrici in lotta, a stimolare una più articolata opposizione sociale dal basso anche dall’accademia, a partire da un’assemblea generale tra studenti e ricercatori tenutasi a Parigi 7 lo scorso 18 gennaio, è stata una legge programmatica pluriennale (LPPR) ideata dal Ministro dell’Insegnamento Superiore e della Ricerca Frédérique Vidal. Tale legge prevedrebbe uno stravolgimento dell’attuale modello su cui si basa la ricerca, con tagli di fondi pubblici in favore di un affidamento ad investimenti privati; privati che avrebbero quindi un ruolo determinante nell’indirizzare la Ricerca, facendo diventare il profitto l’incontrastato fine della produzione di nuova Scienza e Sapere. Oltre alla LPPR il coordinamento universitario Facs et Labos en Lutte si scaglia contro la riforma del sistema di tassazione e accesso all’università. Tra le rivendicazioni del coordinamento universitario c’è infatti anche l’abolizione dell’uso della piattaforma Parcoursup come come modalità d’accesso all’università. Tale piattaforma, tramite algoritmi non chiari smisterebbe nelle varie università francesi le richieste d’iscrizione, tagliando fuori coloro che, classificati infondo alle graduatorie, venivano in precedenza sorteggiati, costringendoli a soluzioni ‘di ripiego’, come lauree brevi o diplomi professionali.

“Fino a quando tutte queste riforme non verranno ritirate, continueremo la lotta a fianco di molti altri settori, mobilitandoci nell’istruzione e nella ricerca, come nelle azioni interprofessionali. Condanniamo assolutamente la brutalità della polizia e la repressione che stanno investendo i movimenti sociali, in quanto colpiscono già i più vulnerabili e i più discriminati. Di fronte all’ostinazione e alla violenza da parte del governo, chiediamo di continuare ed estendere lo sciopero a oltranza nell’istruzione e nella ricerca!”

Dalla mozione del Coordinamento Nazionale delle Università e dei Laboratori in Lotta riuniti l’1 e il 2 febbraio 2020 a Saint-Denis.

Dalle stesse giornate di coordinamento e assemblee generali sono state lanciate diverse date di mobilitazione e azione nazionali, come quella del 5 marzo scorso: “L’UNIVERSITA’ E LA RICERCA SI FERMANO”. L’importante giornata di lotta è iniziata con blocchi diffusi di esami e lezioni in tutte le università francesi. Blocchi praticati da tutte le soggettività facenti parte del mondo accademico: student*, ricercator* e professor*. Anche i ferrovieri e le altre categorie reduci dal grande sciopero ad oltranza hanno portato il loro sostegno. Era infatti chiaro a tutte queste soggettività che le riforme delle pensioni e dell’università erano da leggere all’interno di un generale processo di smantellamento del welfare statale per lasciare ai privati ulteriore campo libero con cui speculare sui processi di riproduzione sociale. Proprio per questo il corteo pomeridiano del 5, partito da Parigi 7 Diderot, ha visto oltre venticinquemila persone scendere in piazza, spinte da un forte senso di solidarietà, oltre che per un coinvolgimento in prima persona nelle suddette riforme e leggi e a farlo presente sono cori e cartelloni di ogni tipo. Immancabili anche i riferimenti al movimento dei gilet gialli, che ha visto mobilitarsi centinaia di migliaia di persone durante tutto l’anno scorso, con una continuità ed una determinazione impressionante, e che ancora oggi dà filo da torcere alle istituzioni francesi.
La marcia è stata intensa, gioiosa e nonostante la pioggia a tratti torrenziale, ha sprigionato un’energia collettiva travolgente, non accontentandosi di finire davanti all’Università Sorbonne, com’era previsto, infatti ha con forza invocato una “manif sauvage” che ha individuato e raggiunto il suo obiettivo: il Ministero dell’Insegnamento Superiore e della Ricerca, luogo di genesi di queste leggi e riforme.
Non è bastata la celere schierata a fermare il corteo, che si è ripreso la città, a ritmo di tamburi e di cori, sperimentando ancora una volta la rabbia sociale di cui i parigini e le parigine sono capaci.

Rabbia sociale tradottasi con forza anche nel weekend di fuoco del 7 e dell’8 marzo che sull’onda lunga delle mobilitazioni e delle lotte presenti sul territorio si è caratterizzato in maniera altrettanto “rumorosa” e conflittuale.

La marcia nottura del 7, dalla presenza di sol* donne, soggettività queer e transgender e dichiaratamente antifascista, ha sfilato fiera e arrabbiata per le strade di Parigi, lasciando il segno del proprio passaggio su ogni muro, su ogni vetrina. In quindicimila si urlava che da sol* si puó passeggiare per la metropoli, anche di notte e innumerevoli erano i riferimenti alle violenze di Polanski, usando slogan come “VIOLANSKI JE T’ACCUSE”, alla riforma delle pensioni e alle lotte dei/delle precari/e.
La rabbia ha spinto tutte le soggettività presenti ad urlare ancora più forte, a non accettare di arrivare in una piazza totalmente militarizzata (Place de la République), e a riappropriarsi di altre strade in maniera determinata e conflittuale. Diversi i fermi, le manganellate, gli spray urticanti, i lacrimogeni, ma il corteo urla forte che le forze dell’ordine non sono altro che milizie patriarcali, perchè reprimono e opprimono, proprio come il sistema patriarcale di cui facciamo parte.
Cosa che anche l’8 marzo, in una piazza più ampia, aperta a tutt* è ben chiara; come chiaro è che a subire doppiamente le conseguenze della riforma del sistema pensionistico sono le donne precarie. L’8 marzo sono anche le donne della comunità curda a sfilare, per ricordare che la rivoluzione o sarà femminista o non sarà affatto.

Le settimane a Parigi si susseguono veloci, intense, piene di appuntamenti.
Ogni giorno, infatti, ci sono momenti di aggregazione, di confronto, di dibattito, di elaborazione collettiva, che continueranno.
Anche per il prossimo weekend si prevede una grande mobilitazione nazionale nella giornata del 14 marzo, in occasione dell’anniversario dall’ultimatum dato dai gilet gialli a Macron; ultimatum secondo cui il governo avrebbe dovuto dire quali tra le tante rivendicazioni popolari avrebbe accettato di trasformare in leggi.

I francesi, forti della solidarietà che li lega, non si fermeranno neanche stavolta finchè non otterranno ció che vogliono.

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