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A ORSO, PARTIGIANO

«Anche quando tutto sembra perduto, e i mali che affliggono l’uomo e la terra sembrano insormontabili, cercate di trovare la forza, e di infonderla nei vostri compagni. È proprio nei momenti più bui che la vostra luce serve. E ricordate sempre che “ogni tempesta comincia con una singola goccia”. Cercate di essere voi quella goccia».

A un anno dalla sua morte, con tanto vigore riecheggiano ancora le parole di Lorenzo Orsetti, detto Orso, partigiano e martire della nostra contemporaneità. Nel 2017 si è unito alle fila delle forze di difesa del Rojava (YPG) con il nome di Tekoşer Piling, e da allora ha combattuto valorosamente sia contro l’occupazione dei territori della Siria del Nord da parte dell’Isis, sia contro l’invasione turca di Afrin. Il 18 marzo del 2019 nell’enclave di Baghuz, sulle rive dell’Eufrate, ha dato la vita per la lotta contro lo Stato Islamico.
La sua scelta di partire via dall’Italia costituisce una precisa presa di consapevolezza: Orso percepisce tutte le contraddizioni su cui si fonda tutt’oggi la società in cui viviamo, è stufo di dover scendere a compromessi con una realtà così corrotta e per questo decide di portare avanti in prima persona la lotta per la libertà. Da qui il desiderio di partecipare anima e corpo alla difesa della rivoluzione del confederalismo democratico, che propone un reale modello di sistema alternativo al capitalismo e che egli stesso definisce come «un progetto bellissimo, di rispetto della diversità e di comunione tra i popoli». E’ proprio questo inedito carattere di autodeterminazione a costituirsi come minaccia agli occhi di un’organizzazione profondamente inumana come l’Isis o di uno stato fortemente autoritario come la Turchia. Con il suo gesto di spiazzante generosità Orso è riuscito a donare una voce a questa rivoluzione, facendo breccia oltre il muro di silenzio in cui l’esperienza del Rojava è stata confinata dai mass media occidentali.

Quello informativo si sostanzia infatti come un ennesimo terreno di scontro in questo macro conflitto militare, dato che impedendo la diffusione delle notizie dal fronte non si fa altro che aumentare l’isolamento (umano, sociale e pratico) della causa curda. Il 16 ottobre scorso varie pagine di informazione indipendente sono state chiuse a causa della pubblicazione di “contenuti inappropriati”: i post oggetto dell’operazione erano tutti contro il terribile massacro che in quelle ore stava portando avanti l’offensiva militare turca, coadiuvata da milizie jihadiste, in Siria del Nord. Il fatto che all’interno dell’opinione pubblica persista il silenzio difronte ad atti del genere, smaschera e rende innegabile la complicità di Stati Uniti, Russia e Europa all’interno di questa sanguinosa guerra.
Se Erdogan e lo Stato Islamico incarnano i carnefici materiali di questa abominevole tentativo di pulizia etnica, l’indifferenza degli Stati occidentali e la loro censura mediatica innescano un meccanismo di rimozione sociale delle sorti del Rojava, che solo lo sconvolgente altruismo di Lorenzo è riuscito a spezzare.

E’ di ieri la notizia della condanna a due anni di sorveglianza speciale per Eddi, un’altra compagna che come Orso aveva deciso mettere il proprio corpo a disposizione della lotta contro il fondamentalismo islamico. Nonostante l’attuale emergenza sanitaria, nonostante l’attuale stato di quarantena, ieri il tribunale di Torino ha valutato come improrogabile esprimere una condanna penale contro una combattente per la libertà dei popoli. Con questo gesto le istituzioni Italiane si confermano favoreggiatrici dei massacri in Siria, dimostrando quanto per loro la lotta all’Isis costituisca solamente un impegno di facciata.

Oggi più che mai è necessario continuare a ricordare Lorenzo, con il suo esempio e la sua generosità, per impedire che questo enorme velo di silenzio creato dalle istituzioni ricopra e nasconda la potenza rivoluzionaria del confederalismo democratico. E’ indispensabile far continuare a vivere nelle lotte e nella memoria chi ha realmente speso la propria esistenza nel tentativo di costruire un modello differente di mondo, accettando di pagare qualsiasi fosse il prezzo necessario per portare avanti la propria convinzione.
«Se dovessi tornare in italia – citando proprio delle sue parole – non mi preoccuperei troppo delle conseguenze. Io non ho nessuna remora morale, sto facendo la cosa giusta, sono a posto con la mia coscienza. Siamo qua e qua resteremo fino all’ultimo. Un po’ perché non c’è nient’altro da fare, un po’ perché è la cosa giusta da fare. Combattiamo».

Alle 18 uniamoci tutt* in un flash mob collettivo per ricordare Tekoşer Piling, Orso, partigiano di Rifredi: affacciamoci dalle finestre e facciamo sentire il discorso di coraggio e di lotta che ci ha lasciato come testamento. Cantiamo assieme “Bella Ciao!” ed esponiamo dai balconi dei fazzoletti rossi, gialli e verdi o un cartello che rievochi l’immensa generosità di Lorenzo!

Şehîd Namirin!
I martiri non muoiono!

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