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Kurdistan: la Turchia continua a spargere sangue

In un contesto storico già estremamente complesso e tormentato dallo spettro dell’epidemia di Covid-19, il governo turco scaglia l’ennesima offensiva sulle regioni del Kurdistan iracheno.
Nella mattina dello scorso 15 giugno, 60 aerei da guerra hanno bombardato 81 località, comprese zone abitate da civili, a Makhmour, Sinjar, Qandil, Zap e Xakurk. Fin da subito i canali d’informazione, sia turchi che europei, hanno portato avanti una campagna di legittimazione mediatica dell’attacco, affermando che come al solito si trattasse di un’operazione anti-terrorista.

Come riportano alcune fonti dirette, uno dei luoghi bombardati è il campo profughi di Makhmour, che si trova a 60 chilometri da Erbil e ospita 15.000 civili. Le persone che vivono nel campo sono rifugiati fuggiti dalla Turchia negli anni ’90 dopo che i loro villaggi sono stati bruciati dallo stato turco. Un’altra città che è stata bombardata è Sinjar, la casa degli yazidi che è stata attaccata dall’ISIS nel 2014; migliaia di persone allora sono state uccise, cinquemila donne yazidi sono state rapite e vendute come schiave del sesso e migliaia di donne e bambini risultano ancora scomparsi a causa di questo attacco.

Il bombardamento di questo 15 giugno si sostanzia come ulteriore tassello di un piano ben congegnato: la Turchia sta intensificando la sua occupazione di terre siriane e irachene, attaccando in Rojava le aree liberate dall’oppressione di organizzazioni terroristiche come Al Qaeda e ISIS, e utilizzando tutti i meccanismi statali per impedire al popolo curdo di partecipare alla politica democratica dei propri territori. Infatti, è stato accertato che il capo dell’Organizzazione di intelligence turca, Hakan Fidan, ha visitato segretamente l’Iraq l’11 giugno dove ha discusso dell’attacco sia con il governo federale sia con il governo regionale del Kurdistan.

Il silenzio e la totale passività della Coalizione Internazionale contro l’ISIS e della Russia palesano un loro indissolubile coinvolgimento, più o meno diretto, nelle atrocità di questo piano militare di egemonia nazionalista contro l’autodeterminazione dei popoli.
Ancora una volta si dimostra come il potere mortifero e opprimente degli Stati nazionali si scagli con tutta la forza possibile contro la vita e la libertà delle genti e delle popolazioni di tutto il mondo. Così come la rivoluzione del Kurdistan del nord e dell’est sta dimostrando, la possibilità di un modo diverso di vivere collettivamente si può costruire. È proprio la possibilità di un alternativa che terrorizza i potenti apparati economico-burocratici della regione del Medio Oriente e non solo.

Bombardamenti sul Kurdistan iraqeno

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