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Recenti

OGNI GOCCIA DIVENTERÀ TEMPESTA! A ORSO

Due anni fa, il diciotto marzo del 2019, Lorenzo Orsetti, detto “Orso”, martire e partigiano, cade in uno scontro a fuoco in Siria, devastata da una guerra che ormai dura da dieci anni, lottando contro l’Isis. Muore indossando l’uniforma dell’Unità di Protezione Popolare, milizia presente nelle regioni a nord-est della Siria, fondata nel 2004 come ala militare del Comitato Supremo curdo, il cui compito è difendere chiunque voglia devastare, portando guerra e disperazione, nelle zone abitate principalmente da curdi.

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LE STRADE SICURE LE FANNO LE DONNE CHE LE ATTRAVERSANO

La notte del 3 marzo è scomparsa la giovane londinese Sarah Everad, il suo corpo è poi stato ritrovato una settimana dopo. E’ accusato di averla rapita e in seguito ammazzata l’ufficiale di polizia Wayne Couzens. Dopo questa notizia la rabbia di tutte quelle soggettività che ogni giorno subiscono violenze di genere, è esplosa 13 marzo in un presidio a Clapham, il quartiere dove era sparita Sarah, dove la polizia ha caricato violentemente le manifestanti utilizzando come giustificazione il mancato rispetto delle norme anticovid. Utilizzare la scusante del covid19 per perpetrare violenza dimostra quanto sia ancora radicato il concetto di “protezione” da parte delle forze dell’ordine, che, in questo caso, per contenere i contagi sono legittimati a manganellare centinaia di donne.

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DAX VIVE!

La notte del 16 Marzo del 2003 una violenta aggressione fascista colpisce alcunx compagnx, tra cui Davide Cesare detto "Dax", che viene accoltellato davanti ad un locale di Milano. I soccorsi tardano ad arrivare per l'ostruzionismo da parte delle forse dell'ordine. Alla notizia dell'aggressione i compagni e le compagne decidono di radunarsi davanti all'ospedale San Paolo, dove era stato portato Dax. L'ospedale diviene teatro di attacchi nei confronti dei/delle solidalx da parte della polizia armata di mazze da baseball e spranghe di acciaio, dimostrando ancora una volta qual è il ruolo dei cani da guardia dello Stato

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11 Marzo – Bandiere rosse al vento!

11.03.77 - 11.03.21, 44 anni dall'uccisione di Francesco Lorusso, da quei momenti in cui il movimento studentesco urlava forte la propria rabbia, e le eco delle lotte di quegli anni non hanno mai smesso di riecheggiare in ogni dove, in ogni angolo di Bologna, della zona universitaria. Sui muri, durante le iniziative, nelle occupazioni, nei cortei, nelle voci, nelle risate, negli sguardi complici de* compagn* e soprattutto nei cuori la memoria di Francesco ci ha sempre mosso, sempre spinto in avanti per continuare a lottare.

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Raccontare il ’77 – iniziativa on-line

A 44 anni di distanza dal 1977 ed in particolare dall'11 marzo di quell'anno, ci arrivano ancora le eco del movimento sociale che non è racchiudibile nell'arco di un anno solare ma che, innegabilmente, in quell'anno trovò il proprio culmine. I fatti, le parole e le immagini di quell'anno hanno sono giunti fino a noi oggi principalmente attraverso la pratica della memoria, collettiva o individuale. Escludendo infatti una breve parentesi, che ancora oggi è oggetto di qualche sporadico richiamo, di storiografia "giudiziaria" - ovvero basata esclusivamente sull'uso acritico di fonti criminali, verbali di polizia e sentenze di tribunale - è stata la memorialistica la principale voce di un periodo complesso fatto di rotture, alleanze, stravolgimenti e cristallizzazioni. È la strada tracciata dai diretti protagonisti di quegli avvenimenti, che già da qualche settimana dopo l'11, in "Bologna, marzo '77 … Fatti nostri" ammoniva gli esterni alla faccenda dall'esprimere giudizi.

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L’UNIVERSITA’ SIAMO NOI! – ASSEMBLEA ON-LINE

Esattamente un anno fa il nostro mondo si è fermato, un lockdown generalizzato ha congelato le nostre esistenze. Nonostante questo stand-by, nonostante il fatto che la pandemia non sia stata solo una costante minaccia alla nostra salute fisica ma abbia anche comportato un carico di stress, paura e sofferenza non indifferenti, nonostante la crisi sanitaria, che è stata ed è anche economica e sociale, la nostra università, nel nome del proprio prestigio, ha continuato ad imporre ritmi produttivi che non hanno mai smesso di essere frenetici.

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IN MENSA C’ERAVAMO TUTT*!

Ieri si è svolta la seconda udienza del processo, cominciato lo scorso 2 febbraio, a 23 studenti che parteciparono alle mobilitazioni contro il caro-mensa nell’autunno del 2016. Eravamo in centinaia ad affollare piazza Puntoni, e mentre al tempo provarono a chiuderci con lo schieramento della polizia, oggi quelle stesse ragioni vengono portate in Tribunale. Ma ripercorriamo velocemente che cosa è successo. I prezzi della mensa universitaria, appaltata alla società privata Elior, erano – e sono rimasti – tra i più altri su tutto il territorio nazionale. Proprio per avere dei servizi fondamentali ad un prezzo accessibile, dal 2014 si avviò una mobilitazione che rivendicava l’adeguamento dei prezzi allo standard nazionale, permettendone così un accesso garantito a tutti gli studenti. Di fronte alla latitanza di Er.Go e UniBo, la pratica dell’autoriduzione dei prezzi divenne il mezzo con cui centinaia di studenti e studentesse indicarono una soluzione concreta ad un bisogno concreto. «Oggi 3 euro possono bastare» era quello che cantavamo e quello che volevamo. Quindi la risposta della giunta Ubertini, nell’ottobre del 2016, fu la militarizzazione della mensa universitaria tramite l’ausilio delle forze di polizia. Teste rotte dai manganelli, cariche, caccia all’uomo in mezzo al traffico di via Irnerio, fermi, arresti, la zona universitaria presidiata come fosse una zona di guerra da camionette di polizia. Poi ci furono le accuse. Estorsori! violenti! – sic. I capi d’accusa sono pesanti quanto grotteschi, un castello di carta montato nella ricerca di un reato associativo mai concesso neanche dai giudici. E come non citare la doppia pena inflitta dall’UniBo ad alcun* denunciat, sospendendol per sei mesi dalle attività didattiche. Questa è un pratica che piace molto al Magnifico Rettore, che da allora ha usato, e tutt’oggi continua a usare come minaccia contro studenti e studentesse. Una prassi grottesca, tramite la quale Unibo si erge a giudice e dichiara arbitrariamente colpevoli, decretando una sospensione tramite un criterio che segue la logica del “colpevole fino a prova contraria”.

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La risignificazione dell’università parte da qui, parte da noi!

Ad un anno dall'evento che ha sconvolto le nostre esistenze e che ha messo in luce le contraddizioni latenti dei mondi che viviamo, ci ritroviamo ancora smarritə nella sofferenza cercando, a fatica, di continuare ad immaginare modi di vivere differenti che, nonostante la normalizzazione del dolore impostaci, riescano ad essere possibilità reali e non fantasie utopiche. L'università, uno di questi mondi, accantonata dal dibattito pubblico istituzionale è diventata per centinaia di migliaia di studentə, professorə, ricercatorə, dottorandə un non-luogo ancora più invivibile di quanto già non fosse prima della pandemia. L'ottica utilitarista e pienamente funzionale all'accesso al mondo del lavoro - a patto di eccellere e sgomitare - che l'universo formativo ha, non ha fatto che diventare ancora più palese. Ultima testimonianza di ciò sono le bozze di recovery plan messe in campo dal governo Conte e approvate dall'attuale governo Draghi. Ma l'Università è altro, l'università è tempo, è esistenze, è sete di socialità, di legami, di arricchimento. Ci chiediamo da mesi quali siano le modalità in cui poter risignificare anche con la pratica i luoghi universitari, il sapere, la conoscenza e la passione, continuando a tenere al primo posto la salute collettiva. Le risposte sono state fin da subito l'autogestione, l'autorganizzazione, l'autotutela, che combinandosi con i bisogni e i desideri delle soggettività che attraversano l'università creano spazi di possibilità, di azione, di bellezza. Per questo nasce, già sull'inizio dell'estate 2020, Piazza Studio Autogestita (https://cuabologna.it/2020/06/25/non-ci-accontentiamo-delle-briciole/), un modo di ritrovarsi, di confrontarsi di nuovo e di protestare per le ingiustizie subite fino ad allora, e che purtroppo non sono mai cessate, nonostante i lunghi mesi in cui momenti di agitazione, azione, iniziative in rettorato si sono susseguiti.

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