E’ arrivata ieri, a fine giornata, la triste notizia della perdita di Sante Notarnicola. Dopo un anno vissuto all’insegna della sospensione del tempo storico, durante il quale ogni frammento delle nostre esistenze è stato fagocitato dal vortice pandemico, il tuo addio si è caricato di ulteriore reverbero nei nostri animi. Nella desolazione di questo presente, la tua storia così calda di vita ha sfondato la distanza fisica a cui siamo attanagliati, facendo esondare la potenza collettiva del ricordo sia di chi aveva avuto la fortuna di conoscerti tra le strade della nostra Bologna, sia di chi pur non avendoti mai visto ti aveva conosciuto limpidamente tra i versi delle tue poesie.
Bandito e poeta, rapinatore e scrittore. E poi ancora sobillatore, sovversivo, rivoltoso, terrorista, irrecuperabile. Sei stato tutto questo e lo sei stato senza soluzione di continuità, rendendo impossibile qualsiasi tentativo di categorizzazione, rendendo improprie le sbarre semantiche di ognuno di questi singoli appellativi. Sei stato un compagno, eclettico e ostinato. E così vogliamo ricordarti.
Frantumato il tempo,
accigliato, sotto il peso
di strutture vergognose.
La poesia ha spazi
ristretti
in questo nostro tempo
e, la sola,
nasce fiera soltanto
dalle officine e dalle prigioni.
È l’inno all’amore di sempre:
per l’uomo sfruttato
inchiodato
calpestato
che
finalmente
dall’officina e dalla prigione,
alza l’arma e la fronte.
Diceva un amato compagno,
nel carcere di Cuneo:
vivo il comunismo nel vedere
la borghesia
preoccupata per i suoi interessi,
tremante per la sua pelle.
…
Questo pensiero me lo accarezzo,
me lo coccolo, in una sera
dell’estate lunga meridionale,
chiuso in una cella
della prigione speciale di Trani.