Quella di Taksim, la duplice occupazione di uno studentato da parte di giovani studentə di un po’ di anni fa, è una storia che brucia ancora. Storia di riscatto, storia di resistenza e attacco, storia nostra, di tuttə.

Erano gli anni in cui la eco di OccupyTaksim riecheggiava da Istanbul al resto globo. Erano gli anni delle autoriduzioni, delle lotte contro il caromensa, delle battaglie su Piazza Verdi e sulla sua attraversabilità. Erano gli anni in cui la problematica abitativa bolognese era forse ancora emergenziale, questione che oramai sappiamo essere strutturalmente connaturata nell’idea e nella concretizzazione della magnifica città vetrina, a misura di nessun, se non di turist e benestanti, che è Bologna.

Già allora le responsabilità dell’Università e di Er.go erano riconosciute dallə studentə e la voglia di protagonismo, di una reale soluzione era tanta e ha trovato casa in queste occupazioni, poi sgomberate è immancabilmente criminalizzate. Ad oggi infatti il Tribunale ha condannato al pagamento di 8000 euro complessivi di risarcimento alcun imputatə nel processo seguito alla seconda occupazione (e al secondo sgombero).

Dopo sette anni, la storia non è molto diversa, nonostante il contesto sindemico in cui ci troviamo: siamo sempre qui, senza casa, senza soldi, sottoposti a ricatti quotidiani che minano alla serenità psicologica e alla vivibilità di questa città. Ma a distanza di sette anni, oltre a questo, c’è ancora lo stesso fuoco che ha spinto quei giovani ad occupare per ben due volte nello stesso anno. Arde ancora la voglia di organizzarci, di discutere, di elaborare nuove pratiche per pretendere non più le briciole, ma tutta la torta.

“Negli anni della crisi e della dismissione strategica dell’università stiamo vivendo un impoverimento sempre più generalizzato: saperi dequalificati; costi della vita altissimi; tasse in costante aumento; mancanza di spazi di espressione e di socialità. Questi e molti altri i problemi che come studenti viviamo quotidianamente a Bologna.

Abbiamo assistito alla totale incapacità e mancanza di volontà da parte delle istituzioni (a partire dall’Alma Mater e dall’Ergo) di confrontarsi con le condizioni reali di vita degli studenti, che sono una parte importantissima della vita cittadina. Spesso siamo stati dipinti come fannulloni, bamboccioni, choosy.

E invece noi siamo pieni di voglia di fare, costruire, creare nuove forme di vita. Per questo abbiamo deciso di muoverci in prima persona e di metterci in gioco per prenderci quei diritti e quelle possibilità che quotidianamente ci vengono sottratte.

Dai seminari autogestiti alle aule occupate in università; dall’apertura di spazi di sperimentazione per una socialità e vivibilità differente in piazza Verdi e in tutta la zona universitaria simboleggiati dalla campagna I Love Piazza Verdi; dai percorsi contro il caro-vita e per la riappropriazione di reddito come la campagna Occupy Mensa ecc… pensiamo sia giunta l’ora di determinare e praticare collettivamente esistenze differenti e più ricche della miseria che quotidianamente ci viene imposta. […]

E’ a partire da queste considerazioni che come studenti e studentesse dell’università abbiamo deciso di aprire uno stabile vuoto da anni per farne uno studentato autogestito. Uno spazio che vogliamo difendere e che vogliamo sia solo un primo passo per conquistare collettivamente reddito, diritti e saperi.”

(Dal comunicato del giorno dell’occupazione dello studentato di Via Irnerio)