Quest’anno accademico, diviso tra l’emergenza pandemica e quella bellica, noi giovani precariə delle scuole, dell’università, dei lavoretti (più o meno) smart per arrancare fino alla fine del mese, ci siamo sentitə ripetere fino allo sfinimento come le nostre vite, i nostri desideri, il nostro presente non solo non fosse prioritario, ma nemmeno spettasse a noi. Siamo state private di spazi e tempi in cui stare insieme, esprimerci, formare un punto di vista critico: siamo state incastrate in una narrazione dominante, una bolla difficile da infrangere. In un presente di complessità e crisi che segna un cambio di passo difficile da ignorare ci troviamo schiacciate sotto una bandiera della pace che è un fardello fatto di armi ed investimenti nelle spese belliche. Come sempre, anche questa guerra tra imperialismi è pagata con i nostri morti; è sempre per mano degli interessi economici sovrani e di un mondo del lavoro che di fatto è mondo dello sfruttamento che abbiamo visto morire due nostri coetanei, compagni di scuola, Lorenzo e Giuseppe, uccisi dalla precarietà; è per mano di un sistema patriarcale e violento che troppe nostre sorellə subiscono – e a volte cadono – giorno dopo giorno. Ad ogni desiderio di alzare la testa riceviamo come risposta la chiusura di spazi, le sospensioni, le denunce, ogni nostro tentativo di espressione dal basso viene sorvegliato e poi represso, arginato.
Per questo motivo quest’anno, per tutto l’anno, metro dopo metro, minuto dopo minuto, abbiamo combattuto sul campo di battaglia della nostra città, della nostra zona universitaria, delle nostre scuole, per ritagliare noi quegli spazi di cui abbiamo una viscerale necessità, per riempire noi quel vuoto ma secondo i nostri bisogni e i nostri desideri.
Le monde est a nous perché non siamo dispostə a cedere alla normalità che ci viene imposta, che morde le nostre caviglie per buttarci verso un “futuro” che non ci appartiene: abbiamo alzato il nostro grido di rabbia e di rifiuto verso questo presente, lo abbiamo fatto dalle occupazioni delle scuole, dalle occupazioni dell’università, lo abbiamo fatto da Bologna fino a Parigi e non ci fermeranno la repressione e le false promesse, il presente dei nostri desideri si costruisce dal basso.