“La romanticizzazione della quarantena è un privilegio di classe.”
Voci dalla pandemia: Racconti dall’Italia e dal mondo
In un momento in cui la crisi pandemica riporta alla luce tutte le contraddizioni del sistema-mondo che conosciamo e che siamo costretti a vivere, istituzioni e governi rendono appetibile l’emergenza solo per determinati tipi di persone, escludendone molte altre.
La polvere sotto al tappeto comincia a sbucare in ogni dove. I tagli alla sanità pubblica fanno vacillare le narrazioni idilliache di un’economia neoliberista che tende in realtà alla privatizzazione e all’intensificazione delle disuguaglianze sociali.
Quello che ci proponiamo è di essere la voce collettiva di tutte le soggettività tagliate fuori dalla comodità e dalla sicurezza dell’emergenza. Vogliamo bucare la bolla temporale venutasi a creare attorno a questo specifico periodo che costituisce in realtà soltanto un picco di quella che è una crisi ecologia e sociale globale.
La Serbia è un paese che, come tutto il mondo, sta vivendo in questo periodo la sorprendente ordinarietà dell’eccezione. Infatti, ciò che lì è chiaro a tutt* è che un’emergenza del genere non avrebbe potuto fare altro che far sprofondare tutte le precarietà già in bilico da tempo.
Tra la povertà che avanza e uccide, tra i gruppi ultranazionalisti che minacciano i/le migranti a Belgrado (da sempre crocevia fondamentale di persone in cammino verso l’Europa e verso una vita dignitosa) il popolo Serbo cerca di destreggiarsi difendendosi con le poche armi che ha a disposizione, solidarietà e mutualismo.
Quelle che riportiamo oggi sono le voci di Mina, studentessa serba di psicologia che studia e vive a Novi Sad, capoluogo della provincia autonoma della Vojvodina, in Serbia e quella di Ana, studentessa di lingue presso l’Università di Belgrado, attualmente in Erasmus a Lubiana, in Slovenia.
Dalle parole di Mina ciò che emerge è da una parte la mancanza di fiducia in un governo che anche stavolta antepone i propri interessi, in questo caso anche elettorali e propagandistici, al benessere della popolazione.
“In sostanza penso che la Serbia non fosse pronta alla pandemia e penso che avremo dei problemi in generale. Tuttavia potere e governo non rappresentano così la situazione ma dicono che tutto andrà bene ma alla fine noi soldi non ne abbiamo mai. Tutti sono in modalità ‘lol’ chi vuoi prendere in giro? E le elezioni sono vicine quindi..
Gli ospedali sono per ora ok, ma sono quasi pieni. Penso che come paese abbiamo reagito bene.
Adesso non possiamo uscire dalle 5 di pomeriggio fino alle 5 del mattino. O da sabato all’una fino al lunedì mattina non si può uscire. Ma permettono ai pensionati di uscire durante il weekend per mezz’ora, una volta a settimana. Hanno costruito questi ospedali d’emergenza per questi casi di eccezione che sono abbastanza seri e fanno test ‘a tappeto’. Hanno vietato di entrare nel paese, hanno vietato i trasporti interurbani ma in realtà ancora sono attivi..”
Mina
Dall’altra parte la presa di coscienza di una studentessa che vede il proprio stato rimanere indifferente di fronte alle difficoltà delle fasce che più stanno subendo le conseguenze dell’emergenza, non è cosa facile. Capire che soltanto le forme di solidarietà dal basso di cui lei stessa si sta rendendo protagonista è ciò che la fa rimanere fiduciosa nel fatto che qualcosa potrà realmente andare bene.
“Penso che molte persone non sono protette come sarebbe necessario, per esempio penso ai campi rom, agli zingari, ai poveri, sono davvero nella merda e io per esempio faccio volontariato con persone che sono pazienti con psicosi, che hanno schizofrenia e loro per esempio tollerano abbastanza bene ciò che sta succedendo, gli è tutto chiaro solo che ovviamente dà loro fastidio lo spazio chiuso e che devono stare dentro, ma ci sono anche quelli che vivono fuori, e dormono fuori e adesso non si sa come guadagnare soldi per l’affitto quando non si può lavorare visto che si deve stare a casa, e tipo vendono de giornali, e gli stipendi sono ridicoli.. e per loro, sai, non c’è alcun supporto.
Devo dire che la popolazione si è attivata molto: si fanno azioni di raccolta sia di cibo che di soldi per queste persone. E penso che questo sia in generale un modo prezioso per aiutare gente in difficoltà attualmente.”
Mina
Il ritratto che ci offrono è quello di una popolazione che da tempo ha smesso di credere che siano le istituzioni a risolvere i problemi, ma che si rimbocca le maniche e cerca in tutti i modi di rimanere a galla con le – poche – possibilità che ha. Sono tutt* consapevoli che ciò che è stato fatto per superare l’emergenza non è abbastanza; che chiudere scuole e università non basterà se le fabbriche resteranno aperte o se molt* non hanno accesso ai sistemi di didattica online per mancanza di mezzi necessari.
“Mia madre è a Šabac e lei lavora lì all’assicurazione, e per dire l’assicurazione non è completamente chiusa, come non lo sono le banche, ma solo vengono distribuiti i turni, tipo ogni settimana lavorano in due così che ci sia qualcuno in ogni caso. Ma io non capisco perché non chiude anche questo. La maggior parte delle persone lavorano da casa ma so che non hanno neanche chiuso tipo le fabbriche, fastfood, negozietti (alimentari), farmacie. Tutto ciò ancora è in funzione e tutto il resto si fa da casa.”
Mina
“Mia madre lavora alla scuola elementare, perciò lei è insegnante di studenti che hanno tipo 8 anni e prima quando stava per iniziare tutta questa situazione ha dovuto lei parlare con i genitori per spiegare esattamente come avrebbe funzionato, ossia tramite mail.. perché la maggior parte della gente neanche è informata di ciò. Quando poi sono iniziate le lezioni tutto andava ‘bene’, tuttavia non riesce a sentire affatto alcuni alunni perché i genitori non si fanno vivi, non rispondono alle mail per mancanza di strumenti..questo è un grave problema..”
Ana
Il pensiero di riuscirsi a laureare a giugno, come sarebbe dovuto essere, è per Mina ormai un miraggio irraggiungibile, perché nelle Università pubbliche serbe non è stato ancora “trovato un modo” per fare gli esami, ma si rassicurano gli studenti che – quasi sicuramente – tutti gli esami verranno recuperati in una sessione straordinaria ad agosto, che gioia.
“Io ho lezioni online, con questi dell’associazione ci sentiamo due volte a settimana tramite il telefono, perciò questo è uguale più o meno. Hanno detto che anche gli esami funzioneranno e che aspettano che il blocco finisca e ci saranno per tutta l’estate appelli d’esame uno dopo l’altro e adesso gli insegnamenti che sono fondamentali per le conoscenze pratiche li facciamo tutto tramite zoom.
Noi come già detto non abbiamo esami adesso, però per esempio la mia coinquilina all’università privata ha avuto esami telematici sia ieri che oggi. Noi non avremo niente da ‘superare’ adesso ma solo lezioni. Io avrei bisogno di fare tirocinio, dovrei andare nei reparti di psichiatria o nelle carceri e in qualche altro posto per fare delle sorte di seminari, avrei dovuto finire l’università quest’anno… penso che sposteranno tutte le scadenze anche per le iscrizioni universitarie, quelle anche dei corsi magistrali, di un mese o due, credo..”
Mina
L’altra dimostrazione di un’istituzione universitaria che lascia studenti e studentesse allo sbando è la disavventura di Ana, che dopo due settimane dall’inizio del suo erasmus a Lubiana e l’inizio delle misure di sicurezza contro il Covid 19, è abbandonata a se stessa in un paese che non è il suo, lontana dai suoi cari e senza alcuna garanzia su quale sarà il futuro delle sua carriera universitaria.
Ciò che l’Università di Belgrado fa, è lavarsi le mani da qualsiasi responsabilità rispetto alla decisione di studenti e studentesse di abbandonare o meno il progetto Erasmus. Ana adesso è in un paese straniero, senza parlare la lingua, lontana dai suoi affetti e il colmo è che anche lei si sarebbe dovuta laureare a giugno, cosa che, non sarà possibile, almeno fino al prossimo autunno.
“Io sono Ana, sono una studentessa di Filologia all’Università di Belgrado e da febbraio sono in Erasmus a Lubiana, in Slovenia, all’Università di Filolsofia. Da quando sono arrivata sono andata a lezione solo per due settimane e dopodichè è cominciata questa situazione per il Cornavirus. Dopo ciò i professori s sono premurati affinchè avessimo lezioni online e queste sono ‘normali’. Il problema di questa situazione, cioè. Del mio essere in Erasmus, è che a noi, nessuno, né Serbia e né Slovenia ci ha informato su come e cosa succederà di qui in avanti nell’emergenza coronavirus. Ho scritto e-mail sia all’Unniversità di Lubiana che a quella di Belgrado e ho chiesto se c’era necessità che tornassi a casa, che cosa dovessi fare. Nessuno mi ha saputo dare una risposta. Per esempio i paesi da cui provenivano gli altri studenti, come Olanda, Francia, Gran Bretagna, hanno inviato delle mail ai propri studenti in Erasmus che sono qui e gli hanno detto di tornare a casa. A noi non ha chiamato nessuno. E perciò adesso non posso tornare a casa anche se volessi, perché non esiste trasporto, né c’è la possibilità di passare i confini, perciò sono ancora a Lubiana. Finirò qui l’Erasmus, prenderò tutti i crediti qui, perché appunto almeno ci sono le lezioni online e nella Repubblica Slovena si possono fare anche gli esami online. Cosa che per esempio in Serbia non potrei fare, perché li si aspetta che passi questa situazione del Coronavirus per organizzare le sessioni d’esame..”
Ana
Tra le varie difficoltà sembra che a rimanere intatta sia la positività di un popolo che sa di poter contare solo sulle proprie forze.
“Diciamo che in generale è ok la situazione, abbiamo meno di 70 morti, tipo 60 e qualcosa, infetti tipo 2000 e qualcosa e diciamo che stiamo funzionando bene ora così.”
Mina
Di seguito le interviste in lingua originale: