Ecco il porncast:
Per chi legge, segue la trascrizione:
Vorremmo chiedervi con quali criteri scegliete i contenuti da presentare alla sezione Ce l’ho porno di Ce l’ho corto Film Festival?
(MariaG) Faccio la solita premessa, cosa significa proiettare dei porno non in una serata ma all’interno di un festival? Il contesto è molto diverso, non c’è la certezza del pubblico che ci si troverà davanti, anzi è un pubblico molto più omogeneo rispetto a quello che negli anni avevamo costruito noi, un minimo fidelizzato e sicuramente consapevole di ciò cui andava incontro. In base a questo abbiamo deciso di dare la visione più ampia possibile di quello che può essere la pornografia adesso, scegliendo generi completamente diversi, dal documentario porno al film di finzione porno, all’animazione, a cose completamente sperimentali che avevano un’attinenza con la sessualità ma senza un richiamo diretto attraverso delle immagini esplicitamente sessuali (per esempio quello che ha vinto la menzione speciale della giuria e il premio del pubblico era un film completamente in grafica, senza immagini sessuali specifiche: erano delle conversazioni prese dal magico mondo dell’internet in siti come Chatroulette, Cam4 e simili… Faceva vedere una specie di escalation di come partivano le conversazioni e lo sfondo che andavano poi a toccare, sempre sessuale, molto interessante). Ma per tornare alla tua domanda su quale sia il criterio… Il criterio è la pluralità dei linguaggi, mostrare quanto la pornografia sia prolifera su un raggio così ampio, poco esplorato da un punto di vista mainstream – che appunto induce ad una codificazione più strutturata e ferma. Il porno alternativo esplora tutti i generi possibili ed immaginabili, e questo lo rende molto stimolante.
(Giulia) Vorrei aggiungere che è stata una sfida diversa rispetto alle normali serate ed eventi da noi organizzati: mentre normalmente noi andiamo a selezionare dei prodotti per poi contattarne gli artisti o i festival – dai quali prendiamo delle selezioni dei precedenti anni di esibizione (chiediamo e selezioniamo noi dei prodotti in base all’argomento che vogliamo portare e al modo in cui vogliamo costruire la serata) -, in questo caso è stato tutto molto diverso. Abbiamo aperto una call e questo ha significato avere molto meno controllo sui prodotti inviati: noi abbiamo ricevuto più di quaranta titoli l’anno scorso dei quali ne abbiamo selezionati una decina, ma è stato un processo di selezione molto diverso da quello solito. Avevamo sperimentato un metodo di selezione simile solo un’altra volta prima, lanciando il concorso InsideyourP. Era un contesto molto diverso poiché chiedevamo al nostro pubblico di mandarci i loro video porno privati – in questo caso poi con un’attenzione pazzesca a consenso e privacy, con liberatorie firmate da parte di tutt_ i partecipanti e senza che le persone ritratte fossero mai riconoscibili. Questi video sono poi diventati degli stupendi visual porno durante la serata di InsideyourP: è un tipo di selezione proprio diversa. Anche quest’anno hanno già cominciato ad arrivare i primi porno per la seconda edizione: in base a quello che arriva decidiamo quale sarà il discorso e la selezione che vogliamo portare tra tutti i cortometraggi ricevuti. Per le serate al contrario noi di solito ci muoviamo in base a dei prodotti che ci interessano, o perché conosciamo degli artisti che ci interessano – primo tra tutti mi viene da citare Rosario Gallardo, che abbiamo avuto ospiti un sacco di volte durante le nostre serate: non solo ci piacciono i loro prodotti ma soprattutto la loro capacità e la loro consapevolezza nel presentarli, producono sempre dei dibattiti molto interessanti. Loro sono senz’altro meno conosciuti e per un pubblico più di nicchia rispetto ad altri, come Valentina Nappi, che ha visto una partecipazione molto diversa (non persone fidelizzate di Inside Porn ma che conoscevano lei, cosa che di solito non ci succede così spesso – la maggior parte dei corti che presentiamo di solito sono pressoché sconosciuti). È molto divertente quando capita durante le proiezioni che ci siano persone non preparate a quello che stanno vedendo – e questo è molto più facile che succeda ad un festival. L’anno scorso è capitato che una persona, alla fine della proiezione, alzasse la mano dicendo “Come mai mostrate prodotti così trasgressivi e non mostrate invece del sesso più normale?”, andando avanti con la conversazione è emerso che per lui “sesso normale” era sesso eterosessuale, alla missionaria ecc. Tra i prodotti presentati per esempio alcuni rappresentavano un sesso eterosessuale, per esempio quello di Erika Lust, un’X Confession che parlava del PuppyPlay (intitolato “Faithful Dog”): questo per lui era già definibile come “sesso trasgressivo”, perché mai una donna dovrebbe dominare un uomo che finge di essere un cane? È stato molto divertente, c’è stata un’accesa discussione con questa persona che alla fine si è trovata anche a mettersi in discussione dicendo “Ok, forse non ho capito io che cosa sia la sessualità”… Noi abbiamo cercato di insistere su una cosa che riteniamo importante: non esiste un sesso normale e non esiste un sesso trasgressivo. È comprensibile che per qualcun_ possa essere considerato trasgressivo, anche per me inizialmente vedere delle cose che non avevo esperito nella mia sessualità era sconvolgente: è normale il senso di estraniamento, ma è necessario arrivare a capire che alcune pratiche che per molte persone possono essere considerate trasgressive, per altre è invece la normalità, il modo di vivere la sessualità. Per questo non può essere considerato trasgressivo. Di questo ci capita di discutere spesso anche con molti partecipanti del mondo BDSM, che spesso parlano della loro sessualità come trasgressiva: io penso che sia sbagliata questa definizione, è semplicemente un altro genere di sessualità. Non bisogna ghettizzarla. Il gesto di per sé non è estremo per chi lo compie, è solo diverso da altri: è una questione di soggettività! Il BratPlay (soffocamento), ad esempio, per qualcun_ è assolutamente una pratica estrema (la cito perché può essere una pratica pericolosa e dunque da mettere in atto con consapevolezza), ma ci sono persone che ne traggono un grande godimento e che la vivono in totale sicurezza e non “trasgressione”. Vengono persone che sono “abituate” a questi concetti, ma anche persone che forse a partire da questi momenti iniziano ad interrogarsi e ragionare su questa cosa, portando dibattito. In fondo secondo me è un po’ così che si cambia!
(MariaG) Il discorso infatti è esattamente questo: anche quando parliamo del coinvolgimento delle istituzioni, è per questo motivo. Questi discorsi sono stimolanti e sicuramente noi non smetteremo di farli, ad un certo punto però, in quel contesto, è diventato più semplice: c’era un pubblico più preparato e disposto a ricevere determinati messaggi. Fare un festival, e quindi rimettersi in una dinamica nella quale quel tipo di pubblico lì non è scontato sia presente, rende più significativa quest’azione, sono quelli i momenti in cui si cambia qualcosa: per esempio la persona di cui parlava Giulia prima, probabilmente si era già posta delle domande, è rimasto fino alla fine per il momento di dibattito piuttosto che andarsene indignato e basta durante la proiezione. Già chiedersi il motivo di alcune cose è un traguardo! Secondo me si va avanti con questi piccoli traguardi, non si cambia tutta la società con la visione di un unico porno… Ce ne vogliono un sacco!
(Arianna) Io volevo aggiungere solo una piccola parentesi a quello che raccontava Giulia prima, a proposito del discorso sulla costruzione di un pubblico: quando noi abbiamo lanciato il contest InsideyourP è successa una cosa che non ci aspettavamo: avevamo detto alla gente di mandarci i propri video porno amatoriali e autoprodotti e ci aspettavamo qualcosa che ricalcasse molto quello che si vede su internet sotto la categoria amatoriale. Sono arrivate invece delle cose molto sperimentali: la gente aveva ragionato prima di mandarcele. Questo ci ha fatto molto piacere, abbiamo capito che avevamo trasmesso un’idea di pornografia differente, creativa: ci sono arrivati prodotti da persone completamente diverse, di età completamente diverse, sessualità completamente diverse e noi siamo rimaste davvero soddisfatte, abbiamo capito che molti obbiettivi li avevamo raggiunti. Siamo riuscite a trasmettere questo tipo di pensiero intorno ad una pornografia più eclettica, meno strutturata secondo i criteri precisi di inizio e fine con la sborrata. Questo episodio del signore che alza la mano al festival mi ha lasciata un sacco soddisfatta, ha significato la presenza di una persona completamente estranea a questo tipo di discorsi e che grazie alla nostra serata probabilmente si è posto delle domane e ha iniziato a ragionare. La diffusione di questi prodotti è il nostro scopo: creare una sensibilità.
(Giulia) Racconto l’ultimo aneddoto, secondo me divertente. Con i video che ci sono arrivati durante il contest di InsideyourP abbiamo creato dei visuals, proiettati nella seconda parte della serata, la parte più “danzereccia”. Sotto i visual c’erano musica e DJs, anche abbastanza ritmati… ma quando sono partiti i visuals l’intera sala, che era piena, si è bloccata a guardare i porno, ferma per 5/10 minuti senza ballare a guardare i porno. Pensate a quanto possa essere forte il fatto che ad un certo punto compaia un’immagine pornografica in un contesto inaspettato: fondamentalmente noi siamo abituati al fatto che l’erotizzazione del corpo sia utilizzata in qualsiasi contesto per commercializzare o vendere un prodotto… qualsiasi pubblicità è sessualizzata (basti pensare allo spot dello yogurt della Muller). La sessualità va bene per vendere ma non va bene quando si mostra fine a sé stessa: quando si mostra fine a sé stessa e nella sua bellezza, come nel caso di questi visual, la gente rimane sconvolta. E questo è bello, è quello che noi cerchiamo. Noi desideriamo che ad un certo punto tutto questo sarà normale, e più si insiste più lo diventa: in società diverse ci sono canoni legati ai tabù della sessualità diversi. Per esempio, a Berlino è molto più facile entrare in un semplice bar e trovare degli schermi che proiettano pornografia, trovare una darkroom sotto il bar… Qua sarebbe scandaloso! Piano piano bisogna cercare di radicarci, di essere i più fastidiosi possibile per guadagnare dei pezzi di realtà anche per noi, dove possiamo sentirci sicure.
“E’ un progetto culturale nato a Bologna e attivo dal 2016.
Vogliamo intendere il porno non come mezzo di categorizzazione, quindi di ghettizzazione, delle sessualità, ma come strumento di rappresentazione e inclusione: di accettazione delle identità e dei diversi modi di vivere il sesso.
Come? Organizzando incontri che attraverso la fruizione dell’oggetto pornografico – video, immagine o performance – favoriscano la nascita di spazi di condivisione dove poter parlare della sessualità, esplorandone forme ed espressioni, senza temere il canonico giudizio dell’altro e della società. Ciò che cerchiamo è una rivendicazione collettiva del ruolo centrale che la sessualità ha nelle nostre vite e nel rapporto con gli altri, partendo dalla possibilità di godere di diversi immaginari erotici e pornografici.
Ecco cosa prevede la nostra porno stagione 2019/2020:
LUNEDì PORNO AL CINEMA EUROPA
Un’eccitante occasione per assistere alla proiezione di un porno sul grande schermo, un
metodo di fruizione antitetico alla classica visione privata e domestica.
CE L’HO PORNO
Una rassegna di cortometraggi porno d’autore inserita in un contesto di conversazione e
dibattito con chi il porno lo crea e lo distribuisce.
SONORIZZAZIONI
La fusione di due diversi linguaggi, visivo e sonoro, attraverso la musicalizzazione dal vivo di
porno vintage.
PERFORMANCE
La possibilità di assistere a una drammatizzazione dell’atto sessuale, senza che questo sia
filtrato attraverso un supporto mediatico.
Le ricercatrici:
MARIA GIULIA GIULIANELLI, GIULIA MOSCATELLI & ARIANNA QUAGLIOTTO “