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OGGI LO SPAZIO, DOMANI TUTTO

Dopo un mese di occupazione che ha portato alla nascita di SPLIT – Spazio Per Liberare Il Tempo, cogliamo l’occasione per riprendere un po’ le fila dei possibili terreni di conflitto nel mondo dell’Università, partendo dalle molteplici esperienze di riappropriazione che si sono attivate in Italia nelle ultime settimane.

La pandemia ha scoperto il vaso di Pandora del mondo accademico, rendendo ancora più evidente il risultato prodotto da anni ed anni di tagli. Per le istituzioni l’unico obiettivo è stato, sia a livello nazionale che locale, quello di minimizzare il più possibile le spese, secondo una scia che va avanti dal biennio 2009 – 2010 in cui l’ammontare dei tagli prodotti dalla riforma Gelmini fu pari a circa dieci miliardi di euro seguito dai tagli dal valore di circa 1,5 miliardi promossi dal governo Renzi nel 2015 e riconfermate dal piano d’azione del Recovery Plan. Alla luce del recente collasso della sanità a livello nazionale, causato dallo stesso identico motivo, questi dati accendono un primo campanello d’allarme circa la reale condizione in cui versa il mondo accademico.

Ulteriori criticità sono quelle relative al piano strutturale: la riduzione dei posti nelle aule studio ha aggravato la già pessima situazione relativa agli spazi in Università, dove non c’è reale interesse a mettere a disposizione più luoghi e garantirne la salubrità. Anziché aumentare le possibilità di accedere ai saperi raddoppiando i mezzi per farlo, si sono cercate soluzioni che avessero dei risvolti su un piano di investimenti esterni dei privati, come nel caso della Dad. Questa anziché essere un elemento aggiunto è diventata un palliativo ai problemi di reddito e abitativi dellə studentessə. Le criticità quindi si intessono nel fisico e nel virtuale e sulle ricadute che hanno l’uno sull’altro, nonostante la sinergia tra questi due piani potrebbe ampliare le possibilità e rispondere ai desideri e i bisogni della comunità studentesca. È evidente come sia mal riuscito il tentativo di organizzare l’università e i suoi spazi attraverso un sistema di app e piattaforme online, non attuando politiche che riescano ad aiutare gli studenti e le studentesse nell’acquisto degli strumenti necessari per adeguarsi alle nuove modalità. Un computer oppure una connessione internet hanno un prezzo che è non sostenibile per tutti e tutte, soprattutto se parallelamente non vi è stata alcuna riduzione delle tasse o forme di reddito diretto per il pagamento degli affitti, in case che spesso sono incompatibili con le esigenze della digitalizzazione.

Le Università non hanno aperto alcun tipo di dialogo con studentesse e studenti, nonostante questə si siano autorganizzatə e abbiano messo in campo numerose pratiche di contestazione relative ai problemi che c’erano già da prima della Pandemia e che ora sono insostenibili. Appare evidente verso quale direzione si muova l’asse dell’interesse e soprattutto quali siano gli interlocutori prediletti per le governance universitarie: le imprese. È necessario rompere la dittatura delle statistiche e degli indici di occupazione. È imprescindibile sovvertire il tentativo di omologazione guidato dal capitalismo che in modo sempre più sistematico subentra nel modello organizzativo dei vari atenei. La sfida sta nell’immaginare un diverso modello di diffusione del sapere e nel creare momenti di critica e confronto che raramente ci sono nei percorsi universitari che tutti e tutte ci troviamo ogni giorno a vivere.

Un primo segnale di cambiamento è stato lanciato in diverse città d’Italia: a Bologna, Torino, Milano, Pisa, Roma, Venezia, Napoli, Genova lə studentessə hanno messo in campo azioni volte a riappropriarsi degli spazi di cui erano statə privatə e sono tornati a vivere luoghi come Break Now a Pisa o ne sono nati di nuovi, come a Bologna dove è iniziata l’esperienza di Split – Spazio per liberare il tempo, a Milano Ecolab; a Genova il collettivo Vedo Terra; a Torino, nonostante l’attacco di università e questura dopo la riapertura dell’aula C1, chiusa poi da sigilli e polizia, la risposta dellə studentessə è stata forte e determinata ed è nata C1 Aula Break occupata; a Venezia per giorni è stata occupata la biblioteca CFZ; a Roma prosegue l’esperienza di Fuori Luogo.

Tutto questo significa che nel mondo dell’Università le comunità studentesche stanno reagendo, anche con pratiche comuni, per riprendersi tutto quello di cui hanno bisogno. La pratica della riappropriazione si sta delineando infatti come una prima tappa, che ha saputo porre in evidenza le contraddizioni delle governance universitarie per ritorcergliele contro e iniziare ad attuare una critica a tuttotondo nei confronti dell’Università. L’ inadeguatezza degli spazi è sicuramente un punto nevralgico di tutte queste esperienze, e ciò già apre un primo campo di riflessione in quanto nonostante ciascun ateneo si gestisca e si regoli sostanzialmente in modo autonomo – anzi, in tanti casi vi è una competizione tra ateneo e ateneo per ottenere un maggior numero di iscritti o un migliore posizionamento nella classifica Censis – , in tutti gli atenei vi sono le stesse criticità: totale assenza di spazi e carenza del sistema di “welfare universitario”, che ad ora non riesce neanche lontanamente a sostenere tuttə gli studenti e le studentesse, specialmente in un momento di forte crisi come quello che stiamo vivendo oggi.

Lo spazio è un punto di partenza per discutere anche dell’assenza di luoghi in cui fare socialità, come la socialità stessa si possa praticare nell’autotutela collettiva, quanti pochi luoghi ci siano per poter stare insieme e formarsi senza dover necessariamente spendere ulteriore denaro in un bar qualsiasi in città e non ridurre la propria vita solamente al produrre, dare esami e rincorrere le scadenze.

Si tratta di primi passi, ma la lotta è ancora lunga per liberare la comunità studentesca dai ricatti economici basati sul tempo e sulla competitività, per riprenderci i luoghi di formazione e liberarli dalle logiche del mercato, sulla base delle quali è in atto un fortissimo tentativo di modellare e normare anche le persone che l’università la compongono realmente.

Oggi ci facciamo spazio, domani ci riprendiamo tutto, per decolonizzare i saperi e i luoghi in cui si creano!

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