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Il tribunale di Locri condanna Mimmo Lucano,

Il tribunale di Locri condanna Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace alla pena di 13 anni e due mesi, nell’incredulità e nello stupore generale, la pena, stabilita in primo grado di giudizio, supera di gran lunga quella proposta dal procuratore capo e dal pm che avevano chiesto 7 anni e 11 mesi.

Immediata la reazione del mondo politico, tra il giubilo di Matteo Salvini, ex ministro dell’interno, che festeggia la condanna, in primo grado, dimenticandosi delle belle parole in difesa del garantismo pronunciate per il caso Morisi e la solidarietà di carta velina del segretario del PD, Enrico Letta, lo stesso del decreto Minniti e dei campi lager in Libia.I reati contestati a Lucano sono tutti di natura amministrativa, le accuse di favoreggiamento dell’immaginazione clandestina e di aver organizzato matrimoni di comodo sono cadute. Come afferma Giuliano Pisapia, difensore di Lucano, nella difesa, quest’ultimo non avrebbe tratto alcun profitto dal modello Riace, vivendo di fatto in condizioni di povertà tali da non potersi permettere nemmeno un avvocato.

La pesantezza della sentenza sancita dal tribunale, da sempre luoghi di violenza e oppressione, dimostra anche la falsa imparzialità della giustizia borghese, da sempre dalla parte dei più forti e dei padroni, dove una strage fascista, quella compiuta da Luca Traini, pesa meno di chi, per aiutare lə migrantə, senza trarne alcun tipo di profitto, commette illeciti.

La condanna di Lucano, non solo dimostra la violenza del nostro sistema giudiziario, è l’ennesima prova del fallimento della gestione dell’immigrazione, dove l’unico modo per aiutare chi scappa dalla guerra è l’illecito, come per il compagno Notav Emilio, accusato di favoreggiamento dell’immigrazione e la capitana Carola Rackete accusata di resistenza ad una nave da guerra e tentato naufragio

Nel corso degli anni, le leggi a tema immigrazione, tra cui la Bossi-Fini, al momento ancora in vigore, hanno creato una serie di vuoti normativi e diverse aree grigie, lasciando lə migrantə in balia di una giungla burocratica da cui è difficile uscire, soprattutto se si ha una scarsa conoscenza dell’italiano. Sulle spalle deə migrantə, ad esempio, il ricatto del lavoro salariato ha un peso maggiore, in virtù del famoso paradosso del permesso di soggiorno, arma spesso utilizzata dai padroni per ricattare i propri dipendenti, per cui per lavorare serve il permesso di soggiorno che poi avere unicamente solo se lavori.

A Mimmo e a chiunque lotti a fianco deə migrantə, mettendo in luce le assurdità del nostro sistema legislativo, tra accuse infondate e la repressione violenta della giustizia borghese va la nostra più totale solidarietà.

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