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Misure repressive: sequestro di Split, obblighi di firma e divieti di dimora

La mattina del 7 febbraio, dodici compagnɜ sono statɜ svegliatɜ dal braccio dello Stato che bussava alla porta per informarlɜ delle misure cautelari emesse nei loro confronti dalla Magistratura e Questura di Bologna.

Lɜ compagnɜ colpitɜ dalla repressione hanno subito il sequestro dei telefoni e ulteriori dispositivi elettronici, oltre a misure restrittive quali l’obbligo di firma due giorni alla settimana per dieci di loro ed il divieto di dimora in città e in tutta la provincia bolognese per lɜ due restanti.

Non soddisfatta, la DIGOS ha perquisito quegli spazi sociali che, da anni, abbiamo rivendicato per colmarne il vuoto con le nostre esigenze, la nostra rabbia, la nostra lotta. Colpo fortunato per la Forza Pubblica, che può vantare di averci sottratto pericolosissimi materiali come striscioni, fumogeni, casse musicali, vernice e megafoni.

È il caso di Split, lo stabile in via San Giacomo 11 occupato il 6 maggio 2021 e adibito inizialmente ad aula studio per permettere di sfuggire dall’isolamento pandemico, per poi ospitare iniziative artistiche e politiche, mercatini second-hand, oltre al ritrovo di Fridays For Future, Non Una Di Meno, Researches for Climate Justice, Giovani e Palestina, Scuole in Lotta e tante altre assemblee, che hanno arricchito lo spazio con le loro rivendicazioni.

Quanto accaduto a Split (Spazio per Liberare Il Tempo) e all’Auletta in via Zamboni 38, assegnataci anni orsono dalla stessa Università di Bologna e anch’essa sottoposta a sequestro, si presenta come l’ennesimo tentativo delle Forze dell’Ordine di sopprimere i moti che scaturiscono dal basso, a partire dai luoghi messi a disposizione della gente comune, del precariato sociale e del corpo studentesco.

Nessun dubbio sulla matrice politica dell’operazione di Polizia svoltasi pochi giorni fa: la colpa imputata allɜ compagnɜ (e, di conseguenza, ai nostri spazi) è di aver lottato tenacemente per veder garantiti i diritti basilari che questa città e questo Paese ci negano ogni giorno. Alcune azioni contestate, infatti, risalgono al periodo della grande manifestazione tenutasi in città lo scorso 22 ottobre, che ha visto oltre 30mila persone occupare la tangenziale in protesta al carovita e alle condizioni disumane cui fa esperienza la popolazione universitaria e lavoratrice, tra le tante altre rivendicazioni che hanno attraversato il corteo indetto dal Collettivo Fabbrica GKN.

I capi d’imputazione si riconducono ai fatti di BeYoo, lo studentato di lusso che, a metà ottobre, abbiamo occupato a scopo simbolico, con l’intenzione di mandare un messaggio all’Università sulla drammaticità della situazione affitti a Bologna.

È stata contestata anche la seguente manifestazione di metà novembre, in cui abbiamo attraversato le strade della città ribadendo a gran voce di volere una Vita Bella.

Il nostro affronto alla legalità consiste, dunque, nell’aver preteso di rompere le catene dello sfruttamento e della precarietà a cui questa città ci costringe, oltre al lottare per il diritto allo studio, all’abitare, al vivere; smascherando al contempo le contraddizioni insite nelle retoriche dell’eccellenza promosse da UniBo.

È impossibile non notare come le recenti misure restrittive si inscrivano in un indurimento generale del clima repressivo, con un inasprimento delle direttive dei piani alti, che perseguono tenacemente la difesa dello status quo che ci vuole precariɜ, ricattabili e silenziosɜ.

Non hanno capito che, dinanzi alla repressione, non ci fermiamo. Al contrario, la rabbia, motore dell’effervescenza militante che ha travolto le strade della metropoli bolognese nell’ultimo periodo, non fa che radicalizzarsi nelle nostre istanze e nelle nostre pratiche.

Continueremo a lottare per il dissequestro dei nostri spazi, per la libertà di tuttɜ lɜ compagnɜ colpitɜ dalle misure repressive. Per una Vita Bella, luminosa, totalizzante.

Non ci fermerete mai!

Corteo per il dissequestro degli spazi sociali e la libertà dellɜ compagnɜ costrette alle misure cautelari. (08/02/2023)


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