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Borse di studio e CFU – Unibo: dopo un anno a che punto siamo?

Le varie Università italiane, per come sono strutturate, ogni anno stanziano dei fondi che verranno destinati ad essere contributo economico per chi è iscritto all’ateneo ed ha problemi di reddito, così da garantirne l’accesso allo studio, o meglio, per aumentare il proprio numero di iscritti. Il sistema delle borse di studio, infatti, non consiste in un aiuto economico per chi lo necessita senza alcun tornaconto, ma si basa su dei principi di ricatto e su un funzionamento che deve giovare solamente l’università stessa e non chi l’ attraversa.

La borsa di studio viene elargita solo al numero di persone che per l’ateneo risulta essere necessario per riuscire ad avere il numero di iscritti tale per avere prestigio, fondi e possibilità di fare investimenti economici sulla forza lavoro gratuita delle stesse studentesse e studenti, che ad altro non servono che a mandare avanti la baracca universitaria, sia con i soldi che a questx vengono estorti, sia con la produzione e la circolazione di sapere che producono.
Zoomando in particolare sull’Unibo, l’ accesso alla borsa è basato su una serie di criteri che ne limita volontariamente la sua estensione, poiché l’Università ha l’interesse a dare questi aiuti economici solo ad un certo numero di studentx, tutto il resto è superfluo, anzi, non serve, a meno che chiaramente non sia disposto a pagare.

Si va incontro quindi ad diverse scremature, sotterfugi e cavilli per limitarne l’accesso il più possibile. Partiamo dal reddito: esser costrettx a presentare un ISEE di due anni prima, che, mai come in un periodo come questo, non ha alcun senso, mettere una soglia di accesso di 40mila euro annui percepiti dal proprio nucleo familiare, che non rispecchia minimamente l’insufficienza di questi per una vita dignitosa al giorno d’oggi e addirittura limitare la possibilità di accedere alla borsa anche per chi è economicamente indipendente, poiché è necessario dichiarare un utile netto nell’anno solare di almeno 6500 euro, quando chi lavora lo fa quasi sempre al nero, o con qualche aiuto, catapultando quindi molte persone nell’assurda condizione di essere troppo povere per l’Unibo.

Altro criterio di scrematura e di enorme ricatto è poi quello del merito. Ciò è qualcosa su cui le Università investono enormemente, mettendo tutta una serie di scadenze da rincorrere, come quelle dei CFU e quindi del numero di esami da dare entro una certa data, altrimenti si è costretti a restituire la cifra che ti è stata data, o più correttamente, “prestata”. Non a caso tutto il sistema universitario cerca in ogni maniera di far sforare le date di scadenza, per costringere a ridare i soldi che aveva dato o per chiederne ancora di più. Qualcosa che non ha alcun senso logico, se non secondo un’ ottica di vero e proprio strozzinaggio, e di formazione sì, ma alla produzione capitalista. Questo criterio, come tutti quelli che sono basati su delle tempistiche, come l’andare fuori corso, o le more, che comportano il dover pagare cifre astronomiche, rappresentano alla perfezione quanto il sistema universitario sia opprimente e basato sugli stessi principi di sfruttamento che governano il mondo intero. Poiché è questo che vuol dire esser posti ad un ricatto economico simile, perché non si rispettano i ritmi di produzione imposti e venire continuamente umiliatx da quella retorica e quella morale che continuano a spiattellarci in faccia: se corri, se vinci, se sei all’altezza allora sarai meritevole, altrimenti non conti nulla e dovrai pagare per questo, anche economicamente.
Tutto questo fa soffrire, deprime, in alcuni casi uccide. E con la pandemia è stato acuito, non è stato tenuto minimamente conto delle nostre difficoltà, è stata solo una grande occasione per estorcerci ancora più denaro e la scadenza di Marzo per i CFU ne è la riconferma.

Oltre a ciò moltissime persone che rispondono ai criteri di idoneità rimangono tagliate fuori dalle borse di studio e dai vari contributi che mano a mano vengono istituiti, con la giustificazione che non ci siano disponibilità per tuttx, come accaduto con il Bando Covid, oppure come per chi rientrerebbe nei criteri di merito ma viene considerato fuori corso, questo perchè il nostro tempo secondo le loro logiche dovrebbe essere tutto finalizzato alla produzione.

Tutto questo deve finire. Siamo stanchx di venire ricattatx economicamente e moralmente. Non ammettiamo più scadenze di alcuna sorta! Il tempo è nostro e vogliamo usarlo come vogliamo, soprattutto in un periodo di difficoltà come questo!

L’ Università non dovrebbe essere un luogo di condivisione e costruzione di saperi? Non dovrebbe quindi puntare a permettere a tuttx di poter accedervi, senza alcuna scrematura mascherata da costrutti morali? Perché invece risulta essere luogo di sofferenza e ricatti economici? Perché il tempo che ci mettiamo a dare gli esami deve essere una discriminante? Perché non è gratuita?

Tutto questo rende palese come l’Università sia una fabbrica di sfruttamento e speculazione, un terreno per grandi investitori e dove trovare forza lavoro gratuita, e ce lo dimostra il fatto che se ne parli sempre in maniera slegata rispetto agli altri luoghi di formazione, ce lo dimostrano le dichiarazioni dei vari organi istituzionali delle università. Questi luoghi di sapere sono luoghi di contesa e dobbiamo essere parte attiva del cambiamento, per mutare ciò che già non ci andava bene e ciò che stanno cercando ulteriormente di peggiorare. Il sapere va liberato e reso accessibile a chiunque lo desideri, al di fuori di ogni logica lavorativa! Il tempo è nostro!

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