«E ringrazia che ci sono io, che sono una moltitudine».
Questa una delle più celebri citazioni de “Le straordinarie avventure di Pentothal“, primo libro a fumetti di Andrea Pazienza, che dopo oltre quarant’anni dalla sua pubblicazione rimane un indelebile riferimento della cultura underground e che nella sua parzialità si sostanzia come affresco generazionale.
Un monologo interiore che intreccia in maniera discontinua tutti i piani dell’esistenza del fumettista: dall’amore all’angoscia, dalla politica all’asocialità, dalla realtà al sogno.
La narrazione è ambientata nella Bologna del ’77, ne vengono descritti i ritmi frenetici della vita universitaria e la dirompenza del fermento politico, che evidenziano il totale immobilismo del protagonista. Esplicativa è la pagina in cui, intento ad ascoltare l’impeto della radio di movimento che incita a scendere in piazza, egli afferma desolato «Sono completamente tagliato fuori». Pentothal infatti è un personaggio tormentato dalla propria condizione esistenziale ed è questo suo angoscioso dissidio ad essere il motore della storia: la profonda solitudine che lo attanaglia si trasforma in una crescente incapacità a relazionarsi con il mondo circostante, che arriva a sconfinare nel regno dei sogni, dove le tutte le paure appaiono palpabili.
Vi è, come lo definirebbe Mark Fisher, un rovesciamento della privatizzazione del malessere che tramite la propria collettivizzazione si realizza come (dis)posizione (neuro)filosofica, ovvero un innalzamento dell’idea di depressione che da mero stato d’animo diviene una teoria sulla vita e sul mondo. La propaggine dello stato depressivo costituisce, oggi come allora, l’apice del processo di re-subordinazione messo in atto dalla classe dirigente, che ha indottrinato l’umanità ad una sorta di “volontarismo magico”. Deresponsabilizzandosi totalmente rispetto alle condizioni di miseria sociale, umana, lavorativa e scaricandone le colpe sull’arbitrio individuale di tutti quelli che conseguentemente verranno additati come “buoni a nulla”.
Con la graduale destrutturazione della realtà si avvia anche un processo di distruzione dei tradizionali vincoli fumettistici, mediante un repentino e continuo cambio di stile grafico a seconda delle necessità del disegno.
La scelta di questo insolito nome per il proprio alter ego evidenzia il desiderio dell’autore di disegnare, usando le sue stesse parole, “a viscere scoperte”: in medicina il Pentothal Sodium è infatti un barbiturico psicoattivo che tramite un’azione ipnotica costringe a dire la verità.
Quello realizzato da Pazienza è una sorta di diario di bordo, di confessione, di flusso di coscienza che in maniera imperturbabile travolge e porta alla luce qualsiasi parte della propria intimità, realizzando un’opera priva di filtri narrativi. Trasmettendo senza soluzione di continuità uno spiazzante sentimento di futuro forcluso, che risuona in tutta l’opera come il testo di “New Dawn Fades” dei Joy Division:
«It was me, waiting for me,
Hoping for something more,
Me, seeing me this time,
Hoping for something else».